Sono rari i casi di donne divenute famose nel campo artistico, soprattutto nel periodo classico e moderno. Le donne sono sempre state relegate a svolgere mansioni di second’ordine da condizionamenti di natura culturale e sociale. Spesso sono state costrette a mortificare la propria personalità artistica scrivendo sotto falso nome; facendo firmare i quadri da altri; comunque sempre relegate nell'anonimato. Artemisia Gentileschi fu sicuramente una delle poche protagoniste femminili della storia dell’arte europea. Figlia di Orazio Gentileschi (1563-1639), conosciuto artista pisano dagli iniziali stilemi tardo-manieristi, trapiantato a Roma dal 1585, ove sarà poi chiamato per collaborare come aiuto nei lavori della Biblioteca Sistina in Vaticano, quindi amico e seguace di Caravaggio (nonostante fosse di un decennio più anziano) al tempo della sua mirabolante esperienza nella città pontificia (conclusasi nel 1606 con la fuga errabonda dopo la lite omicida col Tomassoni), la figura artemisiana appare particolarmente proclive alla trasposizione di vicende private nell'effettualità della propria vita artistica, ma anche all'operato abuso in sede storiografica, che ne ha spesso cancellato le reali qualità propositive. Il quadro delle sue vicissitudini giovanili testimonia di un retroterra psicologico deciso ma non facilmente padroneggiabile, proteso da un lato a recepire positivamente gli stimoli offerti da discussioni e frequentazioni canalizzate dall'attività paterna, che favoriranno una precocità di approccio e un versatile affinamento della tecnica pittorica, ma aperto dall'altro su scenari affettivi poco rassicuranti, inerenti


Giuditta che decapita Oloferne. Probabilmente ispirato dal suo stato d’animo durante il processo esso rappresenta una delle scene più cruente della Bibbia. La decapitazione del feroce generale assiro Oloferne ad opera di Giuditta e di una sua ancella. Ella si intrufola nel campo nemico per compiere il glorioso gesto. Strano particolare del quadro la presenza della seconda donna come compartecipe dell’atto. Nella scena biblica Giuditta compie il gesto da sola mentre l’ancella aspetta fuori, vedendosi consegnata la testa all’uscita. Quasi a voler ancor di più riscattare il ruolo eroico ed essenziale della figura della donna. Il quadro - di soggetto perfettamente analogo a quello della tela, un po' più piccola e dai diversi colori, eseguita in precedenza e conservata oggi nel Museo Capodimonte di Napoli.
Il resto della sua vita è segnato da continui spostamenti, dovuti alla fama crescente: Napoli, Londra: tutte le corti europee ambiscono ad incontrare la bellissima artista che ormai non viene considerata a livello inferiore di un uomo.
La sua vita termina nel 1652 a Napoli, dove, nonstante il successo riscosso in gioventù, muore sola e dimenticata da tutti.
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