Summer Fashion and trends trips

lunedì 3 ottobre 2011

Le origini della Moda

« O si è un'opera d'arte o la si indossa. » - Oscar Wilde.

Il termine moda deriva dal latino modus, che significa maniera, norma, regola, tempo, melodia, ritmo. Nei secoli passati, l'abbigliamento alla moda era appannaggio delle sole classi abbienti soprattutto per via del costo dei tessuti e dei coloranti usati, che venivano estratti dal mondo minerale, animale e vegetale.Prima dell'Ottocento, l'abito era considerato talmente prezioso che veniva elencato tra i beni testamentari. I ceti poco abbienti erano soliti indossare solo abiti tagliati rozzamente e, soprattutto, colorati con tinture poco costose come il grigio. A questi aggiungeva scarpe in panno o legno. Non potendo permettersi il lusso di acquistare abiti nuovi confezionati su misura, tali classi ripiegavano spesso sull'abbigliamento usato.  Il termine moda compare per la prima volta, nel suo significato attuale, nel trattato "La carrozza da nolo", ovvero del vestire alla moda, dell'abate Agostino Lampugnani, pubblicato nel 1645. La moda - detta anche, storicamente costume - nasce solo in parte dalla necessità umana correlata alla sopravvivenza di coprirsi con tessuti, pelli o materiali lavorati per essere indossati. In realtà l'abito assunse anche precise funzioni sociali, atte a distinguere le varie classi e le mansioni sacerdotali, amministrative e militari.
La moda ha le origini antichissime. Nasce già all'epoca dei Greci, dei Romani e degli Etruschi. In quei tempi, l'abbigliamento era semplice e simile quasi per tutti: un chitone, che i romani chiamavano tunica, legato sulle spalle da spille dette fibule e in vita da una cintura. Le donne indossavano anche il peplo, cioè una mantella ripiegata dall'alto fino in vita. Gli schiavi indossavano vesti corte per distinguerli dai ricchi, con vesti lunghe e ben curate, pulite, e bardate di porpora per i senatori, bianche per chi aveva incarichi politici o ornate di ricami preziosi per i ricchi, gli aristocratici e le donne. Solitamente in lana o lino, erano abiti portatori di una sobria e raffinata eleganza. Con l'evoluzione dei tempi, sono state introdotte anche le maniche delle tuniche: questo soprattutto per l'uso che ne veniva fatto negli ambienti religiosi, data la grande importanza del Cristianesimo, e per il comune pensiero che voleva la donna coperta per evitare pensieri impuri. Solo nel Medio Evo è stata introdotta la biancheria intima: grandi mutande fino al ginocchio, camicie al posto delle attuali canottiere intime, calze pesanti. Insomma, si era sempre ben coperti! Data poi la mancanza dei vetri alle finestre, era di uso - per chi poteva permettersela - una pelliccia, introdotta proprio in questi anni. Anche alcuni artisti, come Giotto e Antonio del Pollaiolo crearono modelli di abiti e tessuti. La famosa sarta della regina di Francia Maria Antonietta, Rose Bertin, pur creando sontuose toilettes per la regina, non poteva ancora definirsi stilista. Per fare un esempio una sarta non poteva comperare direttamente il tessuto, che era venduto esclusivamente dal fabbricante. Dopo la rivoluzione francese la Convenzione abolì le corporazioni e le regole rigide e minuziose che vi erano applicate, stabilendo che ognuno poteva vestirsi come gli pareva. Il decreto nasceva per l'odio contro le leggi suntuarie che erano ormai diventate uno spartiacque tra l'abito dell'aristocrazia e quello della borghesia, a cui erano proibiti molti oggetti di lusso. Dopo di allora il sarto fu completamente libero di esprimere la sua creatività.
I manuali di taglio e sartoria si svilupparono con una certa lentezza, soprattutto quando, dal XIV secolo in poi, si cominciarono a creare abiti aderenti al corpo. Il Garzoni, nel suo libro su tutte le professioni del mondo edito a Venezia nel 1585, dice esplicitamente che un buon sarto deve saper fare di tutto, per soddisfare ogni necessità della sua clientela. Quello del sarto non era quindi un mestiere indipendente, bensì era un servitore delle grandi signorie: viveva e lavorava presso la corte di un signore, che poteva anche scegliere di "prestarlo" a parenti o amici. La retribuzione per l'operato si aggirava intorno al 10% della spesa del tessuto. Era una professione preclusa alle donne, che come sarte avevano compiti minori o si applicavano maggiormente al telaio e al ricamo. Non esistevano le taglie, quindi ogni vestito era un pezzo unico, realizzato su misura del cliente. Le unità di misura erano variabili; a Venezia erano in uso i brazzi: da seda, che corrispondeva a 63,8 cm, e da lana, 67,3 cm. Nell'Ottocento la tecnica sartoriale andò affinandosi rendendo più agevole indossare il vestito. Dal XIX secolo si iniziano a distinguere i primi stilisti, che creavano nuovi tagli, nuove stoffe e nuovi canoni nel modo di abbigliarsi, con l'adozione di nuovi abiti femminili quali il tailleur inventato alla fine del secolo dall'inglese Redfern. Lo stilista capovolse il rapporto tra il sarto e la cliente, che ora dipendeva dalle sue idee ed era ben felice di indossare un abito firmato da lui e realizzato nel suo atelier. Gli stilisti lavoravano solo per l'élite poiché i costi per l'ideazione e per la produzione erano molto alti. Questo nuovo impulso di riforma fu principalmente portato avanti da Charles Fréderic Worth, inglese trapiantato in Francia, considerato l'inventore della Haute Couture e sarto personale dell'imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III, e della sua corte, dal 1864. 
Ogni nazione a cavallo tra la fine del ‘700 e la fine dell’800 ebbe momenti di eccellenza che fecero di quella nazione ora la capitale della moda maschile, ora di quella femminile. Intere frotte di benestanti si spostavano da Londra a Parigi e in altre capitali per farsi vestire alla moda dai grandi sarti dell’epoca. Così la moda divenne elemento di riconoscibilità, di stile, di identificazione di ceto sociale. Concetti che nel ‘900, con l’espandersi dei mezzi di comunicazione assunsero nuova valenza sociale e politica. Senza la moda non c’è cinema, non c’è musica, non c’è televisione, non c’è neppure letteratura moderna. La storia della moda, si intreccia senza soluzione di continuità con la vita sociale, con le scoperte scientifiche, con le guerre e con i personaggi famosi, con la pubblicità, con la storia dell’arte e con i desideri più profondi dell’uomo.
Parole come barocco, rococò, neoclassico, art noveau, liberty, twist, pop art, optical, hippies, rock, punk, manager, yuppies, dark, non evocano solo movimenti artistici, espressioni musicali o  categorie professionali, per ognuna di queste parole e per molte altre parole che hanno accompagnato gli ultimi tre secoli di storia, tutti questi termini evocano un abbigliamento, uno stile, un modo di sentirsi e di proporsi verso l’eterno. La moda è diventata ogni espressione della vita dell’uomo: abiti, oggetti, accessori, cibo, vacanze… tutto può essere una moda, così la moda, quella vera, quella dei grandi sarti e egli stilisti si è defilata elegantemente da questa parola e forse è per questo che in questi ultimi decenni i professionisti della moda hanno preferito ridefinire molti termini: alta moda, moda pronta (prêt-à-porter), sistema  moda, moda design, semi programmato, flash, ecc… termini che servono ai professionisti della moda, a tutto il mondo dei servizi ad essi collegati e al mondo della comunicazione per comprendere di cosa si sta parlando.

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