
Pubblicità commerciale, Pubblicità sociale, Advocacy advertising, Pubblicità pubblica, Propaganda politica.

La pubblicità ha radici antiche, almeno sotto forma di propaganda. A Pompei si possono leggere ancora oggi delle scritte, sui muri delle case romane distrutte dal vulcano nel 79 d.C., che invitano i passanti a votare per un certo candidato alle elezioni. Ma di pubblicità vera e propria si può parlare solo dopo l'invenzione della stampa. Il primo annuncio pubblicitario risale al 1630 e apparve su un giornale dell'epoca: si trattava di una semplice inserzione che richiamava il nome del prodotto. Con la rivoluzione industriale, l'aumento della produzione di merci si è imposto poi il modello pubblicitario che noi conosciamo: il prodotto di una scienza che usa tecniche raffinate e si avvale dell'apporto di psicologi, artisti, disegnatori e registi famosi. La comunicazione pubblicitaria nasce e cammina parallelamente alle esigenze economiche, sociali, politiche e culturali di un paese.
Allora la pubblicità serve, oppure il mercato funzionerebbe alla stessa identica maniera anche senza di essa? Si può dire che la pubblicità fa un certo effetto sul consumatore finale - lo è sicuramente. Dipende pur sempre dal tipo della réclame. Di certo sono i Mass Media che occupano la posizione strategica. In particolare al giorno d'oggi sono le televisioni la principale fonte informativa, perché solo una ridotta minoranza di persone legge libri e giornali o si informa tramite internet. Quindi alle TV va posta particolare attenzione. Sebbene venga resa disponibile una gran quantità di informazioni, immagini e commenti (cioè "contenuti"), spesso è difficile determinare l'autenticità e l'affidabilità dell'informazione contenuta nelle pagine web (che spesso sono auto pubblicate). I mass media hanno dunque rivoluzionato davvero l’universo delle comunicazioni investendo anche la sfera privata degli individui, cambiando i loro saperi, le loro abitudini e il loro modo di pensare. La cultura di massa tende quindi ad appiattire le identità degli individui, su modelli prestabiliti. Viene fornita così una pseudocultura: non perché i mass-media diffondano delle falsità, ma perché inducono a dei falsi bisogni che vengono presentati come indispensabili, anche a quei popoli che mancano dei primari beni di consumo. Per non rischiare di perdere le proprie radici è opportuno che ogni civiltà diventi più consapevole dei propri costumi e della propria identità culturale, al fine di non venire schiacciati da altre popolazioni più forti economicamente che impongono nel mondo il proprio modello.

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